sabato 30 gennaio 2010

Il cappotto preferito


La storia di questo cappotto Burberrys è incerta. Me lo regalò mia mamma una decina d'anni fa, opportunamente accorciato (in origine era almeno una spanna più lungo). Lei lo aveva a sua volta avuto da una sua sorella, la quale lo aveva ricevuto da una cara amica che periodicamente liberava gli armadi regalando il loro contenuto. Presumo dunque che la prima proprietaria fosse questa amica - di nome Giuliana S.  - che lo aveva acquistato in una boutique storica della mia città, specializzata in lavorazioni e tessuti sartoriali. Oggi quel negozio non esiste più, ahimè, soppiantato dall'ennesimo negozio multimarca in franchising.
All'epoca, parliamo degli anni '60, le boutique ordinavano pochi modelli alla ditta produttrice, la quale indicava nell'etichetta interna il nome del committente. Questa usanza si è poi andata perdendo nel tempo, così come nel tempo si è modificata l'etichetta e pure la sintassi e grafica del marchio, elementi che sono utilissimi nella datazione dei capi vintage prodotti da Burberrys.
Il cappotto ha la forma e le caratteristiche del classico trench, ma con il tocco molto femmilile della svasatura del taglio godet. Ha un considerevole peso e tiene caldissimo grazie all'ottimo tweed di cui è composto, i suoi bottoni sono fatti in osso e le fibbie ai polsini e sulla cintura di metallo ricoperto di pelle. Questi ultimi sono gli unici elementi che hanno subito usura. Lo spacco sul retro è chiuso da un bottone, per gestire meglio l'uso e il movimento.









L'etichetta



Come già detto, l'etichetta Burberrys ha subìto nel tempo diversi cambiamenti, grazie ai quali è possibile stabilire l'epoca di appartenenza dei capi.

Burberrys fu fondata nel 1856 da Thomas Burberry. All'inizio la sua attività consisteva solamente nella vendita di soprabiti. Nel 1981 aprì il suo primo negozio a Londra. Il logo con il cavaliere fu per la prima volta usato nel 1901, dopo che a Burberry furono commissionati il disegno e la produzione delle uniformi per gli ufficiali dell'esercito britannico. Durante la Prima Guerra Mondiale Burberry disegnò e produsse il modello trench ad esclusivo uso militare. E' infatti militare la vera origine dello stile di questo soprabito.
La fodera quadrettata - Nova Check - che costituisce uno dei principali segni distintivi del marchio, fu introdotta nel 1920. Nel 1967 il motivo check divenne vero e proprio pattern distintivo, ricoprendo accessori come foulardes e ombrelli. Oggi la produzione è estesa ad ogni ambito dell'abbigliamento.

Ecco una sequenza di etichette che mostra l'evoluzione del logo, del marchio e della produzione:

Anni '30 (questa etichetta entra in produzione nel 1911)

Inizio anni 60

Fine anni 60

Anni 70

Anni '80 (con la tipica fodera del trench)

Anni 80 (scialle)

Anni 80 (blusa)

Anni 80 (polo)

Anni 80 (maglione di lana)

Anni 90 (Abito)

Anni 90 (maglione di cashmere)

Primi anni 2000 (polo) - Il nome cambia, viene eliminata la "s" finale

Metà anni 2000 (cappotto)


lunedì 25 gennaio 2010

Come la corteccia


Ecco un abito anni '50 della nonna che mi diverto ad indossare in ufficio. E' rigido e costruito, ricco nella lavorazione, ma ha dei colori che lo rendono adattabile ad un uso diurno. E poi, ogni occasione è buona per indossare i vestiti della nonna!
La linea è molto semplice, quel che lo rende particolare è il duplice movimento superficiale della seta. Il corpetto è ricoperto davanti da un ventaglio di plissè che si raccordano sotto al seno, lo scollo è geometrico, tagliato a  trapezio. In origine era chiuso da un velo di tulle, che ho eliminato poiché rovinato. La gonna è l'elemento più particolare, perché nella sua lavorazione a fitta goffratura orizzontale, ricorda la corteccia di un albero. Infine ci sono due fasce di velluto verde, in vita e sul fondo della gonna, che scandiscono ed evidenziano le diverse ampiezze. e creano un gioco di contrasti con la finitura opaca dell'abito.
Nonostante la rigidità della gonna, nell'orlo sono cuciti i consueti piombi, che garantiscono una perfetta caduta. La sartoria è sempre G. Baruffaldi - Milano.















Perfetti da abbinare all'abito la borsina di coccodrillo ed un trench di tweed degli anni '60 a cui varrà la pena dedicare un post apposito. Calze di tulle e scarpe di foggia retrò.





domenica 24 gennaio 2010

Il vintage esotico: le borse - Parte prima


Negli anni dal 1930 al 1960 i pellami esotici furono largamente utilizzati nella fabbricazione delle borsette, tanto che sono diventati una caratteristica peculiare del vintage in questo settore, oltre allo stile che si ripete all'incirca in tutti i modelli: borsetta a mano, con manici e struttura rigidi, apertura a scatto, spesso a soffietto.
La prima che ho acquistato è marrone, di coccodrillo, "cocco baby", per la precisione, che è un tipo più pregiato di pellame rispetto al coccodrillo normale, perchè permette di ottenere una applicazione  simmetrica sulla borsa



lunedì 18 gennaio 2010

I pendenti ottocenteschi


Da che ho avuto l'età per farlo, e pure prima, ho sempre chiesto in prestito a mia mamma i suoi gioielli.
Il primo fu un prestito illecito: avevo 5 anni e le rubai il brillante di fidanzamento per portarmelo all'asilo. Lo tenni tutto il giorno nella tasca del grembiule, non so come vi sia rimasto, dopo una giornta di giochi sfrenati, fatto sta che mia mamma lo scoprì la sera tastando il grembiule. Un ciondolo con diamante lo persi verso i 18 anni, in discoteca. Mia mamma era furente. Un anello con ametiste divenne mio per usucapione, e fu raggiunto da bracciali e spille in parure. Nella mia famiglia molti gioielli si ereditano nel corso della vita. Mia mamma li ha ereditati dalla nonna, assieme alle altre nuore, io da lei assieme a sorella e cognata. Insomma: i famosi "gioielli di famiglia".
Tra di essi c'è un paio di orecchini che con grande fatica riesco di tanto in tanto a farmi prestare: sono dei pendenti di manifattura inglese, epoca ottocentesca, montati ancora a vite, illuminati da diamanti grezzi con il tocco di colore dei rubini.



Osservandoli bene è possibile riscontrare molte delle caratteristiche tipiche dei gioielli della prima metà dell'800.

domenica 17 gennaio 2010

Il colonnello Filippo Zevi ed il suo testamento morale - 1889


Il colonnello Filippo Zevi era il mio trisavolo, nonno di mia nonna. Era un ufficiale dell’esercito, è stato istruttore di Vittorio Emanuele II. 
Fatto abbastanza inconsueto: un ebreo con un grado così alto nell’esercito, e siamo alla fine dell’ottocento. La liberazione degli ebrei a Venezia era avvenuta solo alla fine del 700. In così poco tempo, aveva conquistato una posizione di tale prestigio…
Lui è stato Colonnello nella guerra di Libia e pare che sia stato da laggiù che ha scritto questo testamento…che è un testamento morale, per il suo figlio Dino.
L'anno in cui scrive è il 1889, lo si capisce perchè annuncia al figlio Dino che sta per nascere la seconda sorella, la mia bisnonna Gilda, nata nel 1890. La mia trisavola Pia Grego muore dando alla luce Gilda, e questo testamento sembra quasi presagire quell'evento, vista l'insistenza con cui il Colonnello sottolinea il ruolo che Dino dovrà assumere in famiglia.




venerdì 15 gennaio 2010

Ken Scott, giardiniere della moda. Gli anni '70


«Il maestro dei fiori stampatissimi... aristocraticizza anche i fiori di campo, adopera, pensa, si muove in un ideale di universo fiorito... nessuna via di mezzo. Il semplicissimo, il nulla-vestito-di-niente, o preziosismi alessandrini, squisitezze che si avvolgono su se stesse a spirale».
Dino Buzzati. “Corriere della Sera” - 17 luglio 1963. 

Ken Scott, lo stilista della modernità e del colore, il “giardiniere della moda” dall’eclettica personalità. Arte fatta di peonie, rose, papaveri, girasoli, petunie e astri. Un rigoglio di fiori e natura che si spargono su camicie, foulards, beach-jamas, bikini, chemisier.

Un turbine creativo che ben si adattava a quella che sarebbe stata una delle stagioni più straordinarie della moda che segnò i Sixties e si impose come vero e proprio cult della cultura Seventies.




Potenza della genetica


1977 - La zia (Lia)







2009 - Il nipote (Carlo)



giovedì 14 gennaio 2010

Geometrie anni '60


L'espressione più tipica della moda anni '60 furono le geometrie. Geometrie nella forma degli abiti,  geometrie nei disegni e nelle fantasie, che accomunavano i tessuti di moda e di arredamento.
Questo abito, che  mia mamma portava proprio in quegli anni, è la summa di tali caratteristiche: linea essenziale,  forma trapezoidale, accollato e privo di maniche, con una fantasia grafica sinuosa. 
Negli anni' 60 vestiti come questo erano spesso corredati da una sciarpina dello stesso tessuto, da avvolgere al collo, o da utilizzare come nastro per i capelli, e la moda li voleva indossati con stivali.













mercoledì 13 gennaio 2010

Bellezza strepitosa!


Ambientazione: casa di mia nonna negli anni '60.
Il fotografo: mio padre.

In questa foto, tutto mi è familiare e tutto è ricorrente.
In quella casa ho abitato per tre anni, dopo che mi sono sposata, immersa nei ricordi della mia infanzia.
Il termometro/igrometro, la lampada, la poltroncina sono tutt'oggi in uso nella casa dei miei genitori. 
Quel vestito parla di un'epoca. La collana di perle è quella da cui sono stati ricavati il bracciale e la chiusura della mia collana, il bracciale è quello che spesso mi faccio prestare,  e l'anello da mignolo è lo stesso che ogni volta che vado a trovarla vedo appoggiato sulla mensola del suo bagno.


Lei, è LEI ... la mia meravigliosa mamma.




martedì 12 gennaio 2010

Ritratto di famiglia


- La famiglia Sacerdoti, ritratta a Meolo  nel 1922 -
In basso a sinistra, mia nonna, che all'epoca aveva 8 anni.

Oltre a certi visi davvero caratteristici è curioso osservare i  vezzi modaioli di quei tempi, come la fascetta fermacapelli sulla fronte, che pure tornò in auge degli anni '70 nella moda hippy, gli abiti scivolati e drappeggiati ma più di tutto le acconciature dei capelli delle signore, a onde, e il modo di portare i baffi e la riga di lato degli uomini.





lunedì 11 gennaio 2010

Intreccio armonioso di dettagli


La linea semplice di un tubino nero acquista carattere nei dettagli della sua lavorazione: uno scollo castigato sul davanti cela la malizia del suo corripondente sulla schiena, che lascia le scapole scoperte. Il corpetto, aderentissimo, fasciante come un busto, è movimentato da una fitta goffratura orizzontale che avvolge la vita. La gonna, sagomata sui fianchi e dritta fino a stringersi sotto le ginocchia, è rivestita di una coltre di lamelle, un fascio di plissé che si raccolgono sul retro, in corrispondenza di un lezioso fiocco di velluto applicato in maniera strategica sul fondoschiena a celare la cerniera.  La sagomatura, l'orlo interamente piombato, la seta spessa, rigida, pesante, con l'opaca ruvidità del crêpe, contribuiscono a rendere questo abito impeccabile e costringono chi lo indossa a movimenti iperfemmili, ai piccoli passi scanditi dalla risicata ampiezza dalla gonna, alla compostezza dei gesti, ad un equilibrismo aggraziato.

Un intreccio così armonioso di dettagli non andrebbe celato: così ho scelto, da sovrapporre al tubino, la trasparenza di un golfetto appena accennato, che coi suoi sottilissimi fili di lurex illumina l'insieme e richiama la catenella argentata della borsa.




 





 



  • Tubino nero anni '50:  G. Baruffaldi - Milano
  • Golf di lana e lurex
  • Calze di tulle
  • Decolletè di camoscio
  • Cappotto double face in panno di lana: vintage anni '50
  • Borsetta: Chanel 2.55
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